venerdì 23 giugno 2017

Perché la crisi.

Nella prima parte dei nostri Sofismi Pensionistici abbiamo accennato all'unico sofisma che riteniamo in qualche modo vero, anche se non giustificativo del problema pensionistico: il basso Pil italiano.
"Certo, se l'Italia avesse avuto una crescita diversa, specie negli ultimi anni..", sicuramente il problema della Rapina Pensionistica (e tanti altri) sarebbe ben diverso.
Ma questi 'se' non hanno più valore di quello ben noto della nonna con le ruote, che, a seconda delle versioni, diventa calesse, carriola, bicicletta o altro.

La questione però ci riporta quasi all'inizio delle nostre discussione, e, precisamente, qui. Alla notte che non è ancora passata.

Abbiamo dichiarato fin dall'inizio lo scopo di questo blog, o meglio di queste 'lettere': dimostrare che lo stato è una associazione a delinquere. O meglio, dimostrare che l'unica chiave interpretativa capace di spiegare completamente e efficacemente lo stato, il suo operato, le sue azioni, è proprio questa: considerarlo come una associazione a delinquere, anzi, la più pericolosa delle associazioni a delinquere: l'unica capace di trasformare il delitto, qualunque delitto, in legge. L'unica che possiede il monopolio della violenza (verità ben nota a molti, e affermata apertamente, spesso senza comprenderne però la reale portata).

Ma in tutte le nostre lettere, finora, ci siamo concentrati solo sull'azione 'redistributiva' dello stato, di quanto riesce a fare, e ha fatto, direttamente e indirettamente, attraverso la tassazione e la spesa pubblica.
Abbiamo parlato quindi abbondantemente della Rapina Pensionistica, e delle varie truffe in essa contenute; abbiamo parlato della truffa del debito pubblico, etc..

Ma è venuto il momento di tornare a parlare di produzione, invece che di distribuzione.
Del motivo, o dei motivi, della 'crisi'.

Perché l'Italia non sembra più capace di creare ricchezza, crescita, benessere?

Su questo argomento si sentono, da tempo, le tesi più disparate (e disperate).
C'è chi dà la colpa all'Euro, e chi gli attribuisce invece solo meriti.
Chi vede il problema nella globalizzazione, e chi, di nuovo, in questa riconosce solo una opportunità.
Per alcuni è colpa delle tasse, per altri del costo del lavoro, o della bassa produttività.
Per altri è colpa degli stranieri, per altri sono l'unica 'cura'.
Per alcuni il problema sta nella 'sovranità monetaria' perduta.

Insomma, le tesi sono molte.Vedremo di affrontarle e discuterle.

Qui, ora, ci limiteremo a ridefinire il problema, perché non credo sia veramente chiaro.

Le crisi.




Riproduciamo qui sopra un grafico già usato tempo fa, preso dal blog vincitorievinti.com (aggiornato all'ultima versione), in cui è mostrato l'andamento del Pil italiano (come indice), a partire dal 2008, rispetto a quello dei maggiori paesi industrializzati (G7 ed media Eurozona).
Il grafico racconta molto bene, senza troppe parole la realtà della 'crisi' italiana.

L'economia moderna (quella seguente alla rivoluzione industriale, per intenderci), ci ha ormai abituati a periodi di crisi, che si alternano periodi di crescita.
Ma, tranne qualche rara eccezione, quelle che chiamiamo crisi sono quasi sempre solo fasi di rallentamento, o brevi inversioni di marcia, in un processo di continua crescita che perdura ormai da un paio di secoli.



Vere 'crisi' furono quelle conseguenti ai periodi bellici, o quella famosissima del '29.
Ma la 'crisi' italiana ha caratteristiche diverse.

Si fatica a trovare un paese che abbia registrato nel corso della sua storia una "crisi" simile a quella che sta vivendo l'Italia (e qualche altro paese), eccezion fatta, come detto, per quelle belliche.


Forse gli unici paesi che mostrano somiglianze con la situazione italiana sono Portogallo, Spagna, Grecia e Irlanda (i cosiddetti Piigs); anche loro hanno vissuto una 'crisi' del tutto anomala negli ultimi anni.


Ma a ben vedere questa somiglianza lascia trasparire profonde differenze.
Gli altri Piigs hanno avuto crescite molto accelerate prima della crisi.
Per l'Italia non è vero nemmeno questo: La 'crisi' ha solo peggiorato una crescita già molto lenta.

Come abbiamo già evidenziato, in altro articolo, la 'crisi' italiana, a conti fatti è anche peggiore di quella del '29 in america.



Certo, lì il crollo delle attività fu vertiginoso, ma la ripresa si concretizzò in pochissimi anni (anche se lasciò conseguenze per diverso tempo).
Oggi, dopo quasi 10 anni di 'crisi', siamo ben lontani dal recuperare i livelli di produzione (e quindi di redditi e consumo) pre-crisi, come mostra chiaramente il grafico di Vincitori e Vinti sopra.


L'economia italiana vive quindi, da quasi 10 anni, un periodo di profonda 'anomalia', sembriamo essere tornati a livelli di crescita 'pre-rivoluzione industriale'.
E non riusciamo a trovare nemmeno una spiegazione.

La cosa singolare è che questa situazione sembra essere ormai entrata nell'ordine naturale delle cose, per molti.
La crisi americana del '29, per esempio, segnò profondamente quel paese; quel periodo fu a lungo investigato, studiato, raccontato, dalla cultura, dalla letteratura, dall'arte, dal cinema...
Nulla di tutto questo avviene in Italia. Certo, i giornali e la politica ne parlano continuamente, e forse solo per comprare consenso, ma sembra che a una buona fetta della popolazione italiana, della situazione attuale e dei problemi di molti, importi molto poco.
Questa è l'impressione generale.


Nelle prossime 'lettere' quindi, cercheremo di investigare meglio questa anomalia, discutendo le varie teorie che cercano di spiegare, e al contempo, di risolvere, la crisi italiana.

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